mercoledì 11 marzo 2009

VIAGGIO ALLE GALAPAGOS - terza parte

Arrivammo all'aeroporto dell'isola di San Cristobal a mezzogiorno circa, dopo due ore di volo. L'atterraggio fu morbido anche se a terra c'era un vento abbastanza sostenuto. Provenendo dal continente, quindi volando verso ovest, l'isola rimaneva praticamente sulla prua dell'aereo e quindi non la vidi fino all'atterraggio.
L'aeroporto era piccolo e senza tanti servizi. Essendo un aeroporto interno dell'Ecuador non c'erano nemmeno i controlli di polizia. Io e i miei colleghi avevamo solo bagagli a mano e quindi non dovemmo nemmeno attendere per ritirare valigie. In un attimo fummo fuori dell'aeroporto. La prima impressione che ebbi fu quella di essere in un paese africano. Come ho detto il terminale era piccolo e spoglio; non ricordo bene ma mi sembra che la sala arrivi fosse addirittura all'aperto con solo un tetto ma senza pareti. Fummo subito accolti da un vento caldo e umido; nell'aria si sentiva il profumo dell'oceano nonostante la puzza di cherosene emanata dai motori dell'aereo. Nella sala c'erano parecchie persone in attesa di parenti o amici arrivati con il mio stesso aereo. In pochi attimi questa pittoresca sala arrivi si riempì di un vociare festoso, di richiami, gridolini, saluti a distanza, emessi da chi era in attesa o da chi era atteso che finalmente si incontravano. La gente si abbracciava, si salutava e rideva. Noi cinque uscimmo dall'aeroporto e trovammo ad attenderci il cognato di uno dei due esponenti dello IETEL che era venuto a prenderci con un pick up scoperto per portarci in città. Costui era un giovane medico e aveva sposato la sorella del mio amico dello IETEL. Non ricordo se lui fosse galapaghegno, ma in ogni caso era l'unico medico dell'unico ospedale dell'isola.
Salimmo sul pick up, ovviamente nel cassone, e ci sedemmo. I più fortunati su delle cassette di legno che stavano nel cassone allo scopo; io ed un altro, non essendoci le cassette per tutti, ci sedemmo sulla sponda posteriore del cassone.
Prendemmo la polverosa strada di terra che portava alla vicina cittadina di Puerto Baquerizo Moreno, capoluogo dell'isola di San Cristobal e sede del Parlamento della Regione delle Galapagos, quindi capoluogo dell'intero arcipelago.Il tragitto fu abbastanza breve, ma la velocità del pick up era per ovvii motivi abbastanza ridotta; impiegammo quindi una ventina di minuti per arrivare in città. Lungo tutto il percorso non incontrammo praticamente case, ma solamente terra abbastanza brulla. Il vento caldo, abbinato al fatto che eravamo all'aperto, rese il nostro viaggio molto piacevole anche se un pò polveroso. A quei tempi io amavo molto i luoghi caldi, umidi e polverosi, visto che nei paesi dove spesso avevo vissuto per lavoro offrivano questo tipo di ambiente. Ero un tipo da safari. Quindi mi trovavo nel mio habitat naturale. Unica precauzione da prendere era di proteggersi dal sole. Eravamo all'equatore, con il sole quindi allo zenit; i raggi ci picchiavano verticali sulla testa ed eravamo in mezzo all'oceano.
Per prima cosa il cognato medico ci accompagnò in albergo.
Questo, di cui non ricordo il nome, si svolgeva in orizzontale. C'era un corpo centrale con la reception e un piccolo bar e poi c'erano dei bungalow in muratura che costituivano le camere, ciascuna con il proprio bagno.
Le camere erano disposte a semicerchio intorno al corpo principale, con al centro uno spazio in parte a giardino ed in parte pavimentato a cemento, dove in stagione probabilmente mettevano i tavoli per mangiare. Infatti c'era un lato attrezzato a cucina con fuochi, forno e barbecue, dietro ad un muretto lungo e di altezza giusta per far scorrere dei vassoi. Tutto faceva pensare che venissse utilizzzato come self service. Tutta l'area era circondata da un muretto basso, dove ci si poteva sedere, con sguardo sull'oceano ed in particolare sulla baia di Puerto Baquerizo Moreno piena di barche di pescatori (non certo da diporto)ormeggiate. Di fronte a noi, dall'altra parte della baia c'era una piccola base della Marina Militare dell'Ecuador ed un faro. Al centro della baia, sulla nostra sinistra si affacciava la cittadina di Puerto Baquerizo Moreno.
Dopo esserci rinfrescati andammo con il nostro autista-medico a mangiare- Ci portò in una specie di bar con cucina sul lungomare di Puerto Baquerizo proprio al centro della baia dove, con la avidità tipica di chi non mangia da due giorni, ingurgitammo con immenso piacere aragosta accompagnata da riso bollito e banane grigliate. Il tutto innaffiato da birra freschissima.
Terminato il nostro delizioso pasto, che in Italia ci sarebbe costato un occhio della testa mentre lì ci costò solo qualche Sucre, dopo avere fumato una sigaretta, ci avviammo, sempre con il nostro magnifico pick up al quale già stavamo affezionandoci, verso due bellissime località di cui parleremo in seguito.

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