venerdì 13 aprile 2012

Il grande viaggio - La partenza

Il mio viaggio più grande è iniziato un freddo 30 novembre 1948, che in quell'anno cadde di martedi. Molti anni dopo venni a sapere che essere nato in quel giorno, a quell'ora e a quelle coordinate geografiche, 43° 9' N - 13° 44' E, significava far parte del segno zodiacale del sagittario con ascendente sagittario. E come poteva, un sagittario puro, non essere amante del viaggiare, come poteva non avere bramosia di conoscere luoghi, popoli, persone, culture, disseminati sul globo terraqueo?
Infatti non poteva, era, già alla nascita, un predestinato a viaggiare o a desiderare di farlo durante tutto il suo grande viaggio: il viaggio della vita.

Il primo vagito, il mio primo sguardo sul mondo, in quel momento molto limitato e incolore, lo diedi nell'ospedale civile di Fermo intitolato ad un grande medico, Augusto Murri.

Mia madre, Gemma, aveva 19 anni quando, dopo i dolori del parto, mi accolse per la prima volta tra le sue braccia.

La mia infanzia trascorse abbastanza tranquilla e serena nella casa di mio nonno Galizio, insieme a mio padre Bruto (detto Peppe), lui, il capo, cioè mio nonno e mia nonna Candida. Nonno e nonna erano i genitori di mio padre, o meglio, erano i genitori adottivi.

La casa dove vivevamo era sulla sommità di un colle, in piena campagna e molto panoramico. Dalla casa la vista spaziava dai monti sibillini, a sud/ovest, fino al mare, a est, che, nelle giornate più limpide, dipingeva di azzurro l'orizzonte in lontananza.

I ricordi che ho di quel periodo sono solo belli e sereni: i giochi solitari o con l'unico amichetto che avevo. Bastava poco per divertirsi: un cerchio di bicicletta da far correre lungo la strada di terra con una criniera di erbetta verde nel centro, guidato con una bacchetta di legno, ad esempio. Le marachelle, a volte veri e propri danni come distruggere una piccola piantagione di cipolle di mio nonno; ricordo che mi corse dietro a lungo per punirmi, senza riuscire a raggiungermi. Oppure quella volta che con Peppino, il mio amichetto, riempimmo il pozzo di un vicino di sterpi di granoturco. A volte i giochi si trsformavano in veri e propri drammi come quella volta che, sempre con Peppino, demmo fuoco al mucchio della paglia di un altro vicino... vennero anche i pompieri; per noi bambini fu una festa.

Quello era tutto il mio mondo, un piccolo mondo che mi permetteva comunque di viaggiare...con la fantasia. I colori, ecco cosa ha caratterizzato la mia infanzia, i colori; il verde della campagna, il giallo del grano maturo, il bianco dei ciliegi in fiore e il rosso delle ciliege mature, l'azzurro del mare a pochi chilometri eppure, per me, così lontano.

Ancora oggi a primavera, quando i campi con il grano verde appena germogliato ondeggiano al vento, quando in cielo nuovole nere si alternano ai raggi del sole mettendo in evidenza l'azzurro del mare ai piedi dei colli, mi rivedo ancora bambino che osservo lo stesso panorama dalla collina dove sorgeva la mia casa.


Spesso ci torno. La casa è diversa. La mia piccola casetta è stata sostituita da un grande palazzo. Tutto il resto è però rimasto inalterato, come se il tempo non fosse passato; compresa la strada per arrivarci è identica, di terra. Anche la chiesetta dedicata a Santo Stefano, quasi attaccata alla casa, è rimasta la stessa. Allora veniva aperta per la messa solo il giorno di Santo Stefano, il giorno dopo il Natale; ed era una festa.

Sono passati tanti anni; ho fatto un viaggio lungo da allora fino ai giorni nostri. Ho viaggiato per paesi lontani e vicini, attraverso momenti belli e felici e momenti pieni di dolore, ho attraversato laghi calmi e tranquilli e mari in tempesta, ho amato e sono stato amato, ho realizzato cose di cui sono orgoglioso e altre meno, ho fatto diventare realtà molti sogni mentre altri sono rimasti incompiuti. Ho attraversato e sto ancora attraversando la vita aggiustando giorno per giorno l'itinerario, modificandolo e adattandolo ai miei interessi, alle mie esigenze, alle mie possibilità. A volte di fronte ad un bivio, da un lato la strada facile e dall'altro una più tortuosa e difficile, scelgo il percorso più lungo e con più ostacoli. Poi, nei momenti di stanchezza, magari mi domando perchè ho fatto questa scelta, perchè non ho preso la via più facile e riposante. Non so darmi una risposta. Forse per allungare il mio viaggio e allontanare la meta.